Il Giappone è entrata in vigore una nuova legge che regolamenta la condivisione e lo scambio di case private.

Secondo un quotidiano finanziario della terra del Sol Levante, per effetto della nuova legge Airbnb ha visto ridursi dell’80% il numero di case disponibili sul suo portale, e più precisamente da 62.000 a poco più di 13.000.

La rimozione degli annunci è già iniziato, e dovrà necessariamente concludersi entro domani 15 giugno.

A partire da domani infatti la legge prevede che ci sia un tetto massimo di affitto per ogni host pari a 180 giorni annui e – soprattutto – che gli attuali vincoli antisismici e antincendio validi per gli hotel debbano essere applicati anche alle case private in affitto.

I proprietari di case destinate allo sharing (che su Airbnb prendono il nome di host) avranno inoltre l’obbligo di registrarsi presso le autorità competenti.

Dopo la notifica dell’Agenzia del turismo del Giappone, Airbnb si è premurata di mettere in atto il provvedimento con congruo anticipo.

L’Agenzia del turismo aveva infatti richiesto che venissero cancellate tutte le prenotazioni di host non in regola.

Airbnb è presente in Giappone sin dal 2013, e questa nuova legge rischia di ridimensionare gli introiti della multinazionale degli affitti.

Già in passato Airbnb aveva dovuto fare i conti con alcune limitazioni in specifiche città, come ad esempio Kyoto, che aveva consentito gli affitti solo nel breve periodo che va da metà gennaio a metà marzo.

Anche Kyoto aveva adottato alcuni provvedimenti su specifici quartieri, ma ora sembra che la linea sia tracciata per l’intera nazione.

Anche la Francia mette limitazioni ad Airbnb

Ma non è solo il Giappone ad agire contro la multinazionale Airbnb: negli ultimi mesi ci sono state criticità anche con le amministrazioni di diverse città europee ed italiane, come ad esempio Firenze e Venezia.

Amsterdam ha recentemente vietato affitti superiori ai 30 giorni, ed ha impedito completamente agli host di mettere inserzioni per i quartieri più centrali.

La città di Parigi ha chiesto in tribunale la cancellazione di tutte le inserzioni degli operatori non dotati di partita IVA.

Se la municipalità parigina riuscisse ad ottenere ragione, potrebbero sparire in un attimo da Airbnb circa 43.000 case, circa l’85% dell’intera offerta.

La reazione di Airbnb non si è fatta attendere: la società americana ha infatti dichiarato che la legislazione di Parigi è complessa, più adatta a operatori professionisti.

Airbnb incoraggia però l’amministrazione a seguire l’esempio di città come Londra, Berlino e Barcellona con la quale è stato instaurato un rapporto di collaborazione con lo scopo di favorire lo sviluppo di case in affitto, ma con misure di buon senso.