E’ l’estate post-Covid, quella del vorrei ma non posso, quella delle vacanze si, ma brevi e possibilmente in Italia, a riscoprire – o scoprire – le nostre bellezze dietro l’angolo. Per le mete esotiche, i viaggi culturali in Oriente o gli incontri con i cammelli africani e i canguri australiani ci sarà tempo, più avanti. Vaccino permettendo…

Per quest’anno carpe diem, accontentiamoci, si fa per dire, della nostra bella Italia, per fortuna o purtroppo più vuota di stranieri e sempre tremendamente affascinante.

Tra mare e montagna – Per il turista di massa, l’Emilia-Romagna è sinonimo di riviera, di lunghe spiagge sabbiose, di bagnini rubacuori, di notte in discoteca e di buona cucina casereccia. Per chi decide di addentrarsi un po’ di più nel cuore di questa regione, ogni angolo è una sorpresa per gli occhi, un’emozione per il cuore e un ristoro per la gola: dai castelli da fiaba alle colline che paiono disegnate, fin sulle pendici di qualche raro ma accogliente centro sciistico. E poi i fiumi imbizzarriti che scendono giù fino alla pianura, regno di campi coltivati e allevamenti di bovini e suini, per buttarsi nel Po che con il suo lento incedere racconta storie passate di tradizioni contadine, di personaggi mitici alla Peppone e Don Camillo, di liscio e artisti pop, di nebbia e di pesci di fiume. E ovunque è sapore di casa, di tavola imbandita e di tanti piatti succulenti.

Terra di passo – “Il Po comincia a Piacenza” sosteneva e scriveva Giovannino Guareschi nel prologo del Don Camillo, anzi aggiungeva: “Il Po comincia a Piacenza e fa benissimo perché è l’unico fiume serio che c’è in Italia; qui inizia un altro mondo”. E questo mondo comincia a Piacenza, terra di passo e crocevia di culture, la più occidentale delle province emiliane, fortemente radicata nella tradizione e nelle cultura di questa regione, ma con lo sguardo aperto verso la Lombardia, il Piemonte e fino alla Liguria, di cui rappresenta il naturale retroporto.

Storicamente legata al passaggio di amici, pellegrini e invasori, dai romani in poi, Piacenza e il suo territorio sono da sempre un meraviglioso incontro di esperienze e tradizioni, di stili e di culture, di conoscenze, perfettamente recepite e miscelate nell’orgogliosa tradizione “dal sass” – del sasso, come si dice da queste parti per certificare l’originalità piacentina di una cosa o persona.

Romanica per fondazione e poi gotica, austriaca e francese per dominazione e influenza e poi farnesiana. Perdendosi per le vie strette del centro storico si aprono piazze, palazzi e chiese che rimandano ai fasti dei diversi periodi e stili di dominazione. Sulla Piazza de Cavalli – così chiamata dai due monumenti equestri del Mochi ad Alessandro e Ranuccio Farnese – si affaccia il maestoso Palazzo Gotico, simbolo della città. E scendendo lungo la via dello shopping – via XX Settembre – si arriva nella suggestiva Piazza Duomo – con la straordinaria salita alla cupola affrescata del Guercino – per poi proseguire verso Palazzo Farnese, dimora degli antichi signori della città, ora museo con sezioni romanica e archeologica e una straordinaria collezione di carrozze. E poi ancora le imperdibili chiese di Santa Maria di Campagna con la salita alla cupola del Pordenone, San Sisto e Sant’Antonino, patrono della città.

La cultura del cibo – Una città a misura d’uomo che vive anche delle sue valli. Quattro le principali che prendono il nome dai fiumi che le attraversano – Tidone, Trebbia, Nure e Arda – capaci di regalare ai visitatori suggestivi paesaggi, borghi antichi di rara bellezza e magnifico relax. E, non ultimo, un’ineguagliabile offerta culinaria.

Nei tanti ristoranti e nei tantissimi agriturismi e trattorie rivivono le tradizioni della cucina fatta in casa, spesso povera ma genuina. Si parte dai salumi – unica provincia in Italia a vantare tre salumi Dop, coppa, pancetta e salame – da abbinare all’immancabile gnocco fritto. Per passare ai primi piatti di pasta fresca, dagli anolini in brodo ai pisarei e fasò, gnocchetti di pane con sugo di fagioli, fino ai tradizionali tortelli con la coda, a caramella. Poi ancora la bomba di riso, la picula ad caval (cavallo tritato), il pesce del fiume Po, i formaggi. Un menu infinito per ogni stagione e per ogni palato che trova il giusto completamento nei vini, i bianchi o i rossi tradizionali come il gutturnio, vino tipico piacentino.  Anche sotto il profilo enologico, la provincia di Piacenza non ha nulla da invidiare a territori più rinomati, basta attraversare le sue colline puntellate di vigneti moderni e ordinati o visitare le tantissime cantine del territorio.
Insomma, un’offerta turistica a 360 gradi, che mai come quest’anno merita una visita e una gita fuori porta.